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Il Palazzo della Zecca di Fiumedinisi

Fiumedinisi, immerso in una storia millenaria che affonda le radici nell'antichità, ha costantemente attirato l'interesse delle dominazioni straniere in Sicilia, grazie al suo patrimonio minerario. Il fiume della sua valle, denominato Chrisorhoas dai Greci, è stato storicamente celebre per le sue ricchezze minerarie, in particolare per le tracce d'oro trovate tra le sue rive. L'oro estratto dal torrente montano ha avuto varie destinazioni, dall'uso nella coniazione di monete alla creazione di utensili domestici e gioielli di alta qualità, spesso commissionati dalle famiglie patrizie della Sicilia.

La storia del complesso minerario

Fin dai tempi dei Calcidesi, le prime estrazioni minerarie hanno caratterizzato la regione, contribuendo a forgiarne l'identità storica. Durante il periodo arabo, particolare attenzione fu dedicata alle miniere di ferro, mentre Re Ruggero II si focalizzò su vetriolo, allume e oro, utilizzando quest'ultimo per adornare i capitelli del duomo di Messina.

Nel XV secolo, in seguito a periodi di turbolenze interne, re Martino mostrò un vivo interesse per il complesso metallurgico di Fiumedinisi. Nel 1402 concesse l’autorizzazione a Berto Billone, Filippo di Orzano e Andrea Carlino di poter ricercare e sfruttare minerali di argento, rame, ferro, zolfo, allume e polvere di gamillu (salnitro). L’anno successivo la licenza venne concessa al mercante veneziano Disiato di Brolo. In quest'epoca, una ferriera operante nella zona alta del territorio contribuiva in modo significativo alla produzione di chiodi speciali destinati ai cantieri navali di Messina. Successivamente, la ferriera fu spostata a valle in contrada Giallinello. Il nuovo impianto ebbe una produzione esclusiva di armi di ferro e palle d’artiglieria e si avvalse di un acquedotto, che prendeva le acque da un vicino mulino, che per mezzo di una ruota idrica situata in mezzo alla ferriera, permetteva il funzionamento della stessa. Per la costruzione della ferriera ci si avvalse di maestranze bergamasche, calabresi e milanesi.

La tradizione vuole, confortata da esplorazioni successive, un’antica miniera aurifera in contrada Caloro, nella quale persero la vita trenta soldati-minatori e il direttore dei lavori di origine spagnola, travolti da una frana che seppellì definitivamente la cava.

La costruzione del palazzo

Nel 1669, l'intensificarsi delle ricerche e delle estrazioni minerarie portò alla costruzione del maestoso Palazzo della Zecca, un imponente edificio governativo situato nel cuore del centro abitato. Secondo la tradizione, la Zecca fu attiva durante la rivolta antispagnola del 1674-78, fungendo temporaneamente da sostituto alla Zecca Reale di Messina. Nel 1726, l'imperatore Carlo VI d'Austria rilanciò lo sfruttamento minerario, inaugurando una nuova fonderia nella contrada Ruppone. Nel 1734, estrasse una notevole quantità di argento, utilizzato per la coniazione di monete. L'attività estrattiva continuò sotto il regno di Carlo III di Borbone, perdurando fino agli anni '60 del XX secolo, quando giunse alla fine a causa dell'incremento dei costi di manodopera e trasporti.

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Cosa resta oggi

Il Palazzo della Zecca, simbolo di potere e importanza nel periodo di massima fioritura del distretto, fu successivamente frazionato e venduto come residenze private nel XIX secolo. Tuttavia, la sua parte principale è stata salvaguardata grazie all'acquisizione da parte del comune di Fiumedinisi, seguita da un recente processo di restauro. Questo monumento rappresenta un imprescindibile patrimonio storico e culturale per la comunità locale, testimoniando non solo il passato glorioso del distretto ma anche la sua cruciale rilevanza nel contesto minerario della Sicilia. La ricca storia di Fiumedinisi si manifesta attraverso le testimonianze tangibili del suo passato, confermando la sua posizione di rilievo nella storia dell'isola.